giovedì 14 aprile 2011

IL CORPO DEI MIGRANTI

 PHOTO © EMILIANO MANCUSO
Migranti tunisini dopo lo sbarco a Lampedusa 
Tunisian migrants after landing on Lampedusa Isle


  di Laura Eduati  

Il primo contatto è l'odore, e la vergogna per quell'odore.“Guarda le mie mani, ho le unghie sporche e provo fastidio a portare il cibo alla bocca. Non ci laviamo da giorni, i nostri vestiti puzzano, la barba cresce, non abbiamo sapone”. Sono le parole di Hamed, tunisino sbarcato a Lampedusa, ma potrebbero essere le parole di un raccoglitore africano di Rosarno, o quelle di un qualsiasi migrante rinchiuso nei Centri di identificazione ed espulsione.
Il corpo dei migranti è un corpo vivo, un giovane corpo maschile che scavalca le reti della tendopoli di Manduria e corre a perdifiato attraverso i campi, rincorso da poliziotti a cavallo come fosse una volpe durante una battuta di caccia. Diventare migrante, spesso, è un ritorno alla bestialità, ai giacigli improvvisati nelle fenditure delle rocce, al pranzo consegnato in bacinelle per il bucato come accade nei centri di detenzione per stranieri di Malta, senza forchette.
E con la bestialità torna la puzza di un corpo non lavato. “I negri puzzano”, disse un giorno il sindaco dell'isola Bernardino de Rubeis guadagnandosi una denuncia per odio razziale. Sì, puzzano. Ma non vogliono puzzare. E' una puzza voluta dalla politica e dalla propaganda: odorateli, sono come i cani. Guardate, fanno i loro bisogni all'aperto come le scimmie. E non importa che ci siano quattro bagni chimici per quattromila persone.

Gli oltre ventimila tunisini approdati in Italia sono quasi tutti maschi poco più che ventenni. Arrivano con i loro vestiti migliori, magliette con griffe taroccate, scarpe da ginnastica comode e sformate, un telefonino e un account su Facebook. Sono sani, forti.  Sono giovani.
“Ci rubano le nostre donne”, dicono i militanti della destra radicale riferendosi alla loro energia sessuale e alla ferina impossibilità di trattenere gli istinti. Poiché vengono trattati come cani randagi, esattamente come cani randagi vengono temuti: potrebbero stuprare, assalire, fare violenza, mordere.
Il loro corpo fa paura perché è virilmente potente. Fa paura perché resiste ai fili spinati, alle reti, alle sbarre. Negli anni scorsi Medici senza frontiere e Medici nel mondo hanno pubblicato dossier nei quali accusavano i gestori dei Centri di identificazione ed espulsione – un tempo Cpt – di somministrare dosi eccessive di ansiolitici agli stranieri detenuti. Nel centro di Restinco (Brindisi) l'80% dei migranti assumeva benzodiazepine e tranquillanti. Nella struttura di Ponte Galeria si scoprì che spesso il Valium veniva mescolato ai cibi per tenere tranquilli i prigionieri, di notte e di giorno, e per prevenire fughe o rivolte. Una pastiglia, e quei muscoli diventano inerti. Perché invece quando il corpo è sveglio e vegeto cominciano le proteste, e innumerevoli sono le ribellioni nei centri per migranti: materassi dati alle fiamme, scontri con la polizia, manganellate.

PHOTO © EMILIANO MANCUSO 
Migranti tunisini protestano per il ritardo nella consegna del pranzo. 
Tunisian migrants riot over late lunch
Il corpo dei migranti spesso è ferito e le ferite sono molte volte atti di autolesionismo. Joy, la ragazza che per prima ha denunciato un ispettore di polizia per violenza sessuale nel Cie di Milano, provò un giorno a bere del detersivo. Voleva morire. A Bologna nelle scorse settimane alcuni tunisini si sono cuciti la bocca con ago e filo. Oppure ingoiano lamette da barba. O rifiutano il cibo. Nel primissimo stadio dell'immigrazione, quando tutto è alieno, i migranti possiedono soltanto il loro corpo e usano quello per comunicare disagio, insofferenza, rabbia. Come Noureddine, l'ambulante tunisino di Palermo che si è dato fuoco per protestare contro le vessazioni dei vigili urbani.
Perché il corpo è muto, anche: nella fiumana di ventimila persone sbarcate, la voce singola si ammutolisce e l'etichetta “clandestino” o “profugo” basta da sola a definire quello che avrebbero da dire, e quello che avrebbero da dire non ci interessa. Ripetono che non vogliono rimanere in Italia, ma sono voci mugghianti che non codifichiamo. A Lampedusa sarebbe bastato un megafono per comunicare, in arabo grazie agli interpreti, gli orari dei pasti oppure le informazioni più elementari.  Non è stato fatto, perché gli animali non capiscono il linguaggio degli umani.
Corpi umani divenuti bestie, i migranti vengono toccati con guanti di lattice, una mascherina per proteggere dalle contaminazioni. I medici ripetono vanamente che i migranti non sbarcano malati, ma si ammalano in Italia a causa delle condizioni di vita. A Lampedusa molti tunisini che dormono protetti da un solo giubbetto dopo qualche giorno tossiscono, hanno la febbre, mal di testa, infezioni gastrointestinali. Hamed aveva rotto un dente mangiando del pane raffermo. La radice era visibile, e il dolore non lo faceva dormire. Aveva le vertigini. Si teneva la mano davanti alla bocca perché si vergognava di quei denti sporchi e malandati.
Nelle ore di ozio sul molo a centinaia sciacquavano camicie e jeans fatti asciugare sulle grate sfondate che proteggono la banchina. Corpi irrequieti al sole, dapprincipio imbarazzati con le giornaliste e le operatrici e poi giorno dopo giorno più sfrontati, sguardi allupati, provocazioni. L'astinenza sessuale pare una questione secondaria e invece è un'altra sofferenza inflitta al corpo dei migranti quando vengono costretti a rimanere lontani dalla quotidianità.


Lampedusa è diventata un'isola di maschi senza donne, un luogo di soli uomini come le carceri e le caserme. In uno delle decine di barconi è arrivata un giorno una donna giovane, tunisina, che nel giro di poco è diventata lo sfogo sessuale dei confinati finché le forze dell'ordine hanno messo fine al mercato. Succede anche nelle campagne foggiane, dove nelle baracche dei raccoglitori di pomodoro arrivano le prostitute nigeriane costrette a soddisfare le loro voglie. Pigiati uno sull'altro, privati della libertà e di una donna, i rapporti omosessuali diventano frequenti. “I Cie sono luoghi di promiscuità sessuale assoluta”, garantisce un poliziotto in servizio a Lampedusa e spesso nei centri. Si accoppiano come bestie, persino contro natura, è il pensiero sottaciuto. Perché di quei corpi definiti illegali comincia a dare fastidio qualsiasi funzione: la fame, il sonno, il bisogno di una coperta, l'odore, l'istinto sessuale reso ancora più insopprimibile dalla giovane età.
Noi cittadini europei protetti da abiti puliti, lavati quotidianamente o quasi, invecchiati e mezzo sterili, rifocillati e soddisfatti dei nostri bisogni primari, viviamo l'incontro con i migranti animalizzati come un autentico choc. E' il corpo umano al grado zero. E di quel grado zero poco, pochissimo viene raccontata la vergogna. La vergogna di puzzare, di portare jeans macchiati e maleodoranti, di accendere un fuoco su una collina per cucinare del pesce. Il messaggio mediatizzato è quello di una valanga di corpi selvaggi, maschi dai muscoli pronti alla violenza, dagli appetiti enormi, senza voce, maschi in calore che si accontenterebbero di qualsiasi altro corpo da stringere.
Occorre soltanto restringere lo zoom e osservare il tentativo di re-umanizzazione. A Ponte Mammolo, Roma, alcuni rumeni vivevano in autentiche caverne scavate nella roccia. Le loro baracche erano poverissime, ma all'interno ogni cosa appariva ordinata e pulita. A Rosarno un ragazzo tunisino, ingegnere, dormiva in un letto lercio ma rifatto alla perfezione. A Lampedusa   i tunisini scioperavano: “Non siamo venuti qui soltanto per mangiare. Non siamo cani”.


La novità di questi ultimi sbarchi è la mobilitazione di un'intera generazione di giovani maschi, molti laureati e tutti familiarizzati col web, che giustamente non accettano di essere soltanto corpo polveroso, sudato e affamato. E allora fuggono dalla bestializzazione, dai recinti che assomigliano ad ovili, dal gregge che silenzia le loro parole. Man mano che si allontanano da Manduria, come da qualsiasi altro luogo di animalizzazione, i corpi dei migranti cominciano ad assomigliare ai nostri. Lavati, addomesticati, meno spontanei e meno energici. E ci fanno meno paura.

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